Figlio, nipote, fratello, cugino, partner, amico, musicista, medico, assistente, peggior nemico di sé stesso – ecco chi è Killian Altavilla
Chi è Killian Altavilla
All'inizio de Il Cigno (in uscita il 14 febbraio del 2024), Killian Altavilla è un giovane assistente di radiologia all'Ospedale di Zurigo. Ha una bellissima ragazza di nome Mélanie, che vorrebbe sposarlo e mettere su famiglia con lui, e addirittura una collega che gli fa gli occhi dolci. Perché, sebbene lui non dia importanza alla cosa, è uomo davvero attraente, nonostante (o forse proprio per) i suoi capelli castani che crescono in tutte le direzioni e il suo sorriso da ragazzino.
È anche uno sportivo: fin da piccolo ha giocato a hockey sul ghiaccio con il suo migliore amico, Tim, e, come Tim, ama la musica classica. Molti Altavilla sono infatti musicisti per passione e/o per professione. Anche Killian aveva accarezzato l'idea di diventare un violista professionista, ma poi ha vinto la medicina. Questo, però, non gli ha impedito di continuare a suonare la viola. Perché la viola? Perché la viola è uno strumento bellissimo, dal suono profondo, a metà tra un violoncello e un violino, ma è anche uno strumento a cui pochi prestano attenzione, nonostante il suo contributo fondamentale. Esattamente come Killian.
Il rapporto con la sua famiglia
All'interno della sua famiglia stretta, Killian è il secondogenito. La sorella maggiore, Daphne, vive in Norvegia, ma fa lo stesso sentire la sua presenza a intervalli regolari anche a Berna. Con lei Killian ha un rapporto di amore profondo e odio superficiale: sa che lui è l'unico che può permettersi di dire certe cose a Daphne e gliele dice pure, e viceversa. Killian non è invece così legato a suo fratello David: certo, si vogliono bene, ma tendono a farsi ciascuno la sua vita. Al contrario, nei confronti della sorella minore, Eleonora, Killian sente di avere la responsabilità di un padre: se non la protegge lui dai pericoli della vita, chi altro dovrebbe farlo, visto che il suo pessimo ragazzo se ne frega altamente di lei?
Con i suoi genitori, Killian ha un rapporto molto diverso: ammira suo padre Leonardo per la sua pacatezza e saggezza, ma si sente più simile a sua madre Rebecca per il fuoco che le arde dentro, un fuoco che lei ha imparato a domare, ma lui non ancora e che gli causerà notevoli problemi. Sua madre lo conosce meglio di chiunque altro, eppure Killian non vuole ascoltare i suoi consigli, anzi, si diverte a far finta di non capire quello che lei gli dice e a sfruttare ogni possibile fonte di attrito con lei. Di tutt'altro tenore è invece il rapporto che Killian ha con sua nonna Ginevra, madre di Rebecca: quello che dice la nonna, per quanto possa dargli fastidio, non va contestato.
Killian ha, però, un problema con la sua famiglia in generale: gli Altavilla sono molto benestanti, hanno addirittura radici nobili, ma a lui di questa posizione sociale e delle ricchezze della sua famiglia non interessa proprio nulla. La cosa fa disperare Mélanie, che non capisce come una persona altolocata come lui possa vivere privandosi di quasi tutto quello che lei, invece, ritiene importante. Ma le cose a cui tiene Killian sono ben altre, a partire dal benessere dei suoi cari, perché, per quanto possano farlo infuriare o prenderlo in giro, lui li ama profondamente e senza di loro si sente perso. In fondo è un Altavilla anche lui, anche se un po' diverso dagli altri: i suoi occhi non sono né verdi né azzurri come gli occhi di tutti i suoi parenti, bensì verdi screziati di nocciola.
Il problema di Killian
Killian ha un cuore d'oro e un forte senso di responsabilità, ma questo è anche il suo problema, quello che lo ha fatto finire nella situazione in cui è quando il lettore impara a conoscerlo: pensa sempre agli altri, non ama stare al centro dell'attenzione, si adegua, si nasconde dietro al suo camice e si annulla nei meandri dell'ospedale. Così può continuare a prendersi cura di chi ha bisogno di lui e a ignorare sé stesso e le proprie esigenze, che fin da ragazzino ha imparato a relegare in quella parte del suo cervello "che non è ancora stata mappata da alcun neurologo".
Solo che, col passare del tempo, le cose a cui non vuole pensare tornano alla ribalta sempre più di frequente, provocandogli un disagio strisciante, che lo tormenta anche di notte con incubi che lo lasciano sconvolto, ma di cui non può parlare con nessuno perché sono indissolubilmente legati a eventi del passato di cui nessuno sa nulla.
Quando diventa assistente del Professor Lachlan MacLeod, un rinomato anatomopatologo appena giunto all'Istituto di Medicina Legale di Berna, la vita che Killian si è costruito con tanta cura comincia a vacillare dalle fondamenta. L'arte di accontentare tutti, in cui si è distinto fino a quel momento, non funziona più: ciascuno vorrebbe da lui qualcosa che lui non può (o non vuole) dare e lui si trova a dover affrontare ciò che più teme: i fantasmi del suo passato, i suoi sensi di colpa, il suo senso di inadeguatezza.
Da questo processo di confronto con sé stesso, Killian potrebbe uscire vincitore, ma potrebbe anche soccombere, perché certe abitudini sono dure a morire, soprattutto se ce le portiamo dietro fin dall'adolescenza...
Nascita del personaggio
Non so esattamente quando, ma a un certo punto, durante una cena a casa dei nonni Altavilla, in cui Eric e Sophia, cugini di Killian, stavano cercando di risolvere un problema tra loro senza che nessuno se ne accorgesse, è comparso Killian: era seduto a tavola con loro e voleva che sua madre gli passasse del cous-cous. Dimmi tu, se ci si può presentare così.
Eppure, col senno di poi, mi sono resa conto che è proprio da Killian: niente entrate in scena trionfali, niente richieste eclatanti, solo cibo. Che sia cibo per il corpo, per la mente o per l'anima, questo è esattamente quello di cui Killian ha bisogno. Ha bisogno di asserire le sue esigenze e farle conoscere agli altri. Tuttavia, se con il cibo materiale questo non gli pone problemi, con il cibo di altra natura ha grosse difficoltà.
Avrei anche potuto eliminarlo da quella scena e non sarebbe cambiato nulla, ma il fatto era che lui non voleva andarsene dalla mia mente: continuava a tornare, soprattutto nelle fasi di dormiveglia, e mi raccontava cose sconnesse, che non avevano senso.
A un certo punto mi ha infastidito così tanto che gli ho detto: "Senti un po', bello mio, allora o mi racconti tutto oppure ti levi di mezzo e mi fai finire la storia dei tuoi cugini". Ho preso un quaderno e ho cominciato a chiedergli tutto quello che mi veniva in mente. Ma molte delle sue risposte erano evasive: diceva, non diceva, era esasperante. Allora ho chiuso il quaderno e gli ho detto: "Ok, guarda, io tra due giorni devo partire per la Scozia e ho una marea di cose da fare, per cui ne riparliamo quando torno".
Mica vero... È venuto in vacanza con me! Mi ha rotto le scatole per due settimane! Ma quando sono tornata sapevo tutto di lui. Sapevo anche perché era stato così reticente all'inizio. Così gli ho detto: "Va bene, siediti qui con me che adesso raccontiamo questa storia insieme".
Tanti dettagli li ho scoperti man mano che scrivevo, ma il suo problema di fondo me l'ha rivelato su una spiaggia scozzese sferzata dal vento, mentre i miei figli si congelavano tra le onde del Mare del Nord. Ed è lì che ho imparato ad amarlo, come spero farai anche tu.
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